Mi sembra di sognare. Un incubo. Posso sbagliare ma io scrivo quel che vedo. E quel che vedo è che Potenze con immensi arsenali atomici vogliono impedire a un Paese di sviluppare il nucleare civile, per diversificare le proprie fonti di energia, come ha sempre dichiarato il governo di Teheran e com'è dimostrato dal fatto che per tre anni gli iraniani hanno accettato le ispezioni dell'Aiea, l'Agenzia internazionale per l'energia atomica. È grottesco vedere il presidente francese Jacques Chirac dare, con la consueta prosopopea gallica, lezioni di morale nucleare all'Iran stando seduto su un arsenale atomico. È come se a noi italiani venisse impedito di riaprire la centrale di Caorso, se lo ritenessimo opportuno per la nostra politica energetica, perché ipoteticamente, in futuro, potremmo costruire, nonostante i controlli dell'Aiea, la bomba atomica. Dice: ma il presidente iraniano Amhadinejad ha negato l'Olocausto e il diritto di Israele a esistere in Palestina. Questo è un altro discorso. Nello specifico, cioè nella questione del nucleare, l'Iran si è mosso, nel pieno rispetto della legalità internazionale. E al vice ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi, che, a Monaco, faceva notare ad Angela Merkel (che aveva paragonato senza pudore la finora ipotetica ascesa dell'Iran nello scacchiere mediorentale a quella dei nazisti negli anni Trenta) che dopo il deferimento dell'Iran all'Onu il governo di Teheran sarà costretto ad applicare la legge e a interrompere la collaborazione con l'Aiea, come ha fatto in questi anni, la cancelliera tedesca ha risposto arrogantemente "allora sarà il caso di cambiare la legge". L'Iran vuole, fino a prova contraria, il nucleare civile come suo sacrosanto diritto e ha rispettato finora le legalità internazionali in materia di energia atomica. Cosa che non hanno fatto alcuni suoi vicini come Pakistan e Israele che si sono costruiti la bomba in violazione del trattato di non proliferazione delle armi nucleari. Perché l'Onu non ha mai mandato ispettori in Israele - e se avesse osato richiederlo avremmo sentito una qualche risposta sarcastica del governo di Tel Aviv a difesa della sua integrità territoriale - nel deserto del Neghev dove quello Stato ha costruito una centrale nucleare atomica bellica pienamente operativa? È evidente che questo continuo, arrogante, "doppiopesismo", questa protervia occidentale, per cui noi siamo il Bene e possiamo possedere arsenali con decine di migliaia di bombe atomiche mentre gli altri, poiché sono il Male, non possono nemmeno farsi, in base a un processo alle intenzioni, il nucleare civile, esaspera le opinioni pubbliche musulmane e arabe e favorisce, anzi, bisogna pur ammetterlo, dà buone ragioni, al loro integralismo ed estremismo. Probabilmente la vicenda delle vignette blasfeme sarebbe passata quasi inosservata se non si fosse inserita in questo contesto di arroganza occidentale. Dove vogliono arrivare gli occidentali, e in particolare gli americani, con questa politica tremendamente aggressiva? Prima c'è stato l'Iraq, accusato di possedere "armi di distruzione di massa che proprio l'Occidente gli aveva fornito perché potesse ammazzare meglio sciiti e curdi ma che non aveva più. E l'abbiamo attaccato, invaso, bombardato, occupato e, con elezioni ampiamente falsate dalla presenza di 160mila soldati stranieri, vi abbiamo messo un governo da noi controllato. Adesso nel mirino c'è l'Iran che non possiede alcuna "arma di distruzione di massa", ma che potrebbe averla in futuro. È la teoria della "guerra preventiva" di George W. Bush che significa in realtà guerra permanente contro chiunque non adempia i desiderata dell'Occidente e per scatenare la quale basta il semplice sospetto. Fanno accapponare la pelle le dichiarazioni di Marvin Cetron, consulente della Cia e dell'Fbi, che esplicitano le intenzioni dell'Amministrazione Bush: "Prevedo un attacco militare internazionale a Teheran entro qualche anno, bisogna bombardare Teheran. Un attacco non unilaterale, da parte solo di Usa o Israele, ma multilaterale, una coalizione con membri europei. E non breve e solo a titolo dimostrativo". L'unica alternativa che mr. Cetron concede è un cambio di regime a Teheran: "Come gli iraniani insorsero contro la Scià nel 1979 così potrebbero insorgere contro i fanatici religiosi che li governano. I governanti iraniani hanno enormi problemi, dalla gestione dei giovani in fermento alla povertà... Non bisogna esitare a favorire un cambiamento di regime se necessario con finanziamenti o con azioni clandestine" (Intervista al Corriere della Sera, 5/2/2006). Insomma un bel colpo di stato, nella peggiore tradizione americana. Mr. Cetron, anche se si dice reduce da una visita nei Paesi islamici, dimostra di non conoscere la realtà iraniana. Quelli contro cui gli iraniani dovrebbero ribellarsi, come nel 1979, sono esattamente gli eredi della rivoluzione khomeinista. E quindi questa volta non si tratta di abbattere un feroce dittatore, come lo Scia, sostenuto, oltre che dagli americani, da una sottilissima striscia di borghesia iraniana iper ricca, che rappresentava meno del 2\% della popolazione, ma di abbattere un governo che, come hanno dimostrato le elezioni, gode di un vastissimo appoggio popolare. E sarebbe bene smetterla con la fola, con l'"illusion", con la fiaba che amiamo raccontarci in occidente che i giovani sono contro questo regime. Giovani e giovanissimi erano i pasadaran che sostenevano Khomeini e giovani e giovanissimi sono gli iraniani che appoggiano Amhadinejad, visto che in quel Paese due abitanti su tre hanno meno di trent'anni e Amhadinejad ha vinto le elezioni. Ma, a parte questo, è terrificante ciò che sta uscendo fuori dal "vizio oscuro" dell'Occidente. Un consigliere di Bush dichiara apertamente, tranquillamente, che bisogna bombardare l'Iran o organizzarvi un colpo di Stato, Donald Ramsfeld, ministro della Difesa americano, afferma che l'Iran è "il primo Stato del mondo sponsor del terrorismo", senza avere lo straccio di una prova, Angela Merkel, con una coda di paglia lunga qualche chilometro, paragona l'Iran, che finora non ha mai aggredito nessuno ma semmai è stato aggredito, da Saddam Hussein, col nostro determinante appoggio dopo il 1985, alla Germania nazista; Chirac minaccia di utilizzare la "force de frappe" nucleare francese contro l'Iran mentre i missili israeliani sono costantemente puntati contro quel Paese. E allora non bastano alcuni estremismi puramente verbali del presidente iraniano Amhadinejad per fare il gioco delle tre tavolette, per scambiare l'aggredito con l'aggressore e per mistificare su chi è che oggi sta veramente mettendo in pericolo la pace nel mondo, disposto a tutto, a bombardare, a innescare colpi di Stato e a usare persino la bombe atomica contro un Paese che non ce l'ha ma per il quale basta solo il sospetto che abbia l'intenzione di farsela per legittimare ogni violazione del diritto internazionale, ogni sordidezza, ogni violenza, anche la più estrema. Chi sono, allora, gli "Stati canaglia"?
Massimo Fini