domenica, luglio 02, 2006
Il terremoto
Risveglio brusco. Ancora sotto i postumi natalizi, pronto a trascorrere qualche giorno in santa pace, ecco la telefonata. "Migliaia di morti in Iran. Un terremoto disastroso". Non e' che la redazione mi chiami per darmi le notizie. Quando me le da' significa che sono coinvolto, che quell'avvenimento e' "mio". Scatta allora il piano di partenza, complicato stavolta da mille problemi. Il visto, innanzitutto. L'Iran non e' un Paese qualsiasi. Forse riusciro' a partire domani e chissa' quando arrivero' a Bam, questa splendida citta' antichissima rasa al suolo. A meno di ripensamenti improvvisi o di difficolta' operative insormontabili, dunque, il mio Capodanno dovrei passarlo in Iran. Lontanissimo dalle feste occidentali. Li' il nuovo anno sara' salutato, ancora una volta, da morti e rovine. E il destino mi ha portato ancora una volta fuori dei bagliori. Forse adesso capite perche' si diventa diversi, a fare i gabbiani. Mi ha chiamato adesso un collega del giornale radio. Stavamo gia' insieme, due anni fa, a Kabul per un altro capodanno di frontiera. Ci giochiamo su, arrivando a una conclusione. "L'unica fortuna e' che stavolta, rispetto al capodanno afghano, non ci sara' Sgarbi". E' gia' una consolazione. Una battuta per esorcizzare quel pizzico di angoscia che accompagna sempre i viaggi disagiati e soprattutto la lontananza da casa, che comunque pesa. Ho sempre pensato che la vitaccia non la fanno gli inviati (che in fondo l’hanno scelta), ma le famiglie degli inviati. Le vere vittime.
26 dicembre 2003
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