sabato, dicembre 29, 2007
Maradona invitato a Teheran
Che Diego Armando Maradona fosse un sostenitore dei nuovi movimenti latinoamericani che sognano un mondo migliore e hanno portato alla ribalta personaggi come Lula, Evo Morales, Hugo Chavez, Rafael Correa, Nestor Kirchner e molti altri lo sapevamo da tempo. Che fosse un amico speciale di Fidel Castro, pure. Adesso, dopo aver dichiarato nei giorni scorsi che si vorrebbe tatuare l'effige del presidente del Venezuela Hugo Chavez, il “Pibe de Oro” ha fatto scomodare anche la potente e influente comunità ebraica argentina con una nuova uscita delle sue: vuole conoscere il presidente iraniano Mahammud Ahmadinejad. La svolta è arrivata quando nei giorni scorsi un incaricato dell'ambasciata iraniana di Buenos Aires ha invitato a Teheran Maradona. Dopo aver espresso la sua solidarietà al popolo iraniano, Diego ha accettato di buon grado l'invito.
mercoledì, dicembre 26, 2007
Gli auguri di Ahmadinejad al Papa
Il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad ha inviato un messaggio di auguri a Benedetto XVI, "in occasione dell'anniversario della nascita di Gesù Cristo che è messaggero di amore, amicizia, giustizia e spiritualità nell'avvento del Nuovo Anno". Lo scrive l'agenzia di stampa ufficiale iraniana 'Irna', sottolineando che Ahmadinejad ha espresso la speranza che il 2008 sia "l'anno dell'eliminazione dell'oppressione, delle violazioni e delle discriminazioni e quello della pace, dell'amicizia e del rispetto dei diritti dei popoli". Nella sua lettera al "leader dei cattolici del mondo, il presidente iraniano ha scritto che il mondo attuale ha un disperato bisogno delle linee guida dei profeti di dio, più che in qualsiasi altro momento nella storia" si legge nel lancio dell'Irna. Ahmadinejad ha poi espresso l'auspicio che "il nuovo anno cristiano porti pace e tranquillità alla comunità internazionale sulla base della giustizia e della spiritualità". Non si conoscono i contenuti della risposta di Ratzinger ma è prassi che, come fanno notare fonti bene informate, il pontefice risponda a "tutti i messaggi di auguri che gli pervengono da leader politici e religiosi".Gesù è uno dei più importanti profeti per i Musulmani e in Iran la sua figura è particolarmente venerata. Gli sciiti, che nella Repubblica islamica sono oltre il 90 per cento, credono che Gesù tornerà sulla Terra nel giorno del Giudizio al fianco del loro dodicesimo Imam, ritenuto scomparso, per portarvi la giustizia divina.
lunedì, dicembre 17, 2007
Il blog del presidente
Sempre detto che Ahmadinejad è un personaggio unico. Leader degli oscurantisti più tosti, che vorrebbero relegare l'Iran al medioevo culturale, il presidente ha sempre amato le nuove tecnologie. Da tempo ha aperto un sito ufficiale, ma non era altro che una vetrina propagandistica. Adesso è andato oltre, ha aperto addirittura un blog personale. E fa proprio il blogger, aprendo i commenti a tutti, anche a chi lo insulta e gli augura una "morte lenta". Chiunque di noi può lasciare un messaggio e non è cosa da poco per uno degli uomini che hanno in mano i destini del mondo. Ricordo che Pipistro gli scrisse a proposito di una ragazza condannata e lui rispose, di suo pugno, promettendo di interessarsi al caso. Non voglio fare confronti, ma provate a scrivere non dico a Bush ma a Napolitano, se ci riuscite. Ahmadinejad è talmente alla pari che nei giorni scorsi ha visto oscurato anche il suo blog per un giorno, come tutti gli altri blog iraniani, dai suoi stessi servizi di sicurezza, come riporta un articolo del Corriere. Sullo spazio del presidente di Teheran c'è di tutto, compresi i link all'informazione, e anche post dedicati alla libertà. Lui ha soprattutto un pallino: quello di parlare agli altri, ai nemici. C'è un messaggio al popolo americano e financo gli auguri di Natale ai cristiani. Ha ragione probabilmente quel maestro di Giorgio Bocca che s'interroga questa settimana sull' Espresso su chi siano oggi i nemici. I nemici oggi, ipotizza, sono quelli con cui non puoi fare affari. E' vero se pensiamo che gli Stati Uniti si considerano alleati dei sauditi che finanziano il terrorismo. Ahmadinejad lo ha capito bene e forse nessuno si è reso conto che qualcosa sta cambiando se il numero due di al Qaeda lo accusa pubblicamente di essere "pappa e ciccia" con Bush, cioè il diavolo. Al Zawahiri nell'ultimo proclama è chiarissimo: "è stato l'Iran ad aiutare gli americani in Iraq". A questo punto, è difficile capire (lo sostengo da tempo) dov'è il bene e dov'è il male.
domenica, dicembre 16, 2007
Vittoria censurata
Il mensile iraniano Zanan torna su un avvenimento che i mezzi d'informazione locali hanno quasi ignorato: la qualificazione della nazionale femminile di calcio alle finali della Coppa d'Asia, poi vinta dalla Giordania. Battendo l'India quattro a uno, a ottobre, le giocatrici iraniane sono comunque entrate nella storia del paese, scrive Amir Alizadeh, uno dei pochi uomini che scrive su Zanan. Eppure giornali e tv hanno coperto l'avvenimento solo con qualche breve notizia corredata da foto d'archivio. Ma anche volendo non avrebbero potuto fare diversamente: le autorità di Teheran hanno fatto di tutto per impedire che trapelasse qualunque immagine. Anche alle fotografe è stato impedito di entrare allo stadio e le tifose erano perquisite minuziosamente per evitare che facessero entrare qualche cellulare con fotocamera. Tutte queste precauzioni per un solo motivo: le giocatrici indiane non indossavano una tenuta islamica, e far circolare immagini di donne in calzoncini è impensabile per l'opinione pubblica iraniana, anche se le calciatrici di Teheran avevano scelto una divisa più castigata.
martedì, dicembre 04, 2007
Ora anche la Cia smentisce Bush
Lo dico da un posto doloroso come Kabul, dove la guerra non è solo una parola da usare nelle strategie politiche ma è stampata sulla pelle della gente, e anche dei soldati occidentali che spesso ci rimettono la vita. Sulla storia dell'Iran ho espresso da tempo e più volte il mio pensiero. Lo ribadisco in sintesi: attaccare Teheran significherebbe dare ad Ahmadinejad la patente pericolosissima di leader del Grande Islam in un'eventuale, disastrosa "guerra santa". Dialogare significa invece aiutare la metà del popolo iraniano, che contrasta il fondamentalismo, ad uscire dal medioevo culturale. Insomma, sarebbe un errore politico (per non parlare dell'aspetto umanitario) devastante, ancor più di quello irakeno, nato proprio da un falso. Non sono soltanto i benpensanti a sostenere che l'Iran non costituisce un pericolo immediato e dunque un attacco sarebbe gratuito, ma ora anche i servizi segreti americani al completo. Mentre Olmert soffia sul fuoco, Bush fa orecchie da mercante. Va per la sua strada, come se tutto l'orrore non fosse sufficiente. C'è un solo sistema: bisogna lasciarli soli sulla strada della follia e non fare l'errore di seguirli come a Baghdad. Perchè da soli sicuramente non si muoveranno. E se lo facessero, se ne assumerebbero per intero le responsabilità. Compreso il rischio serio di una ritorsione di tipo terroristico.
Due anni dopo aver affermato che l'Iran era impegnato in una corsa contro il tempo per dotarsi di un'arma nucleare, l'intelligence Usa ha compiuto un netto dietrofront. Un rapporto che raccoglie le conclusioni della Cia e delle altre 15 agenzie d'intelligence americane, afferma che Teheran ha interrotto il programma nell'autunno 2003, sotto l'effetto della pressione internazionale. Il rapporto, inviato dai servizi segreti al Congresso, aggiunge che l'Iran continua ad arricchire uranio e teoricamente potrebbe sviluppare un'arma tra il 2010 e il 2015. Ma nel complesso la Cia manda un segnale rassicurante, che provoca un grattacapo alla Casa Bianca, dove solo lo scorso ottobre il presidente George W.Bush ha sollevato lo spettro della 'Terza Guerra Mondiale' se il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad non viene fermato. Gli uomini del presidente sono entrati in azione pochi minuti dopo la diffusione del rapporto: "E' una conferma che eravamo nel giusto ad essere preoccupati", ha sostenuto il consigliere per la sicurezza nazionale, Stephen Hadley, aggiungendo che le conclusioni dimostrano la necessità di "continuare a mantenere la pressione internazionale" sull'Iran. Da Doha, dove partecipa - primo presidente iraniano ad essere invitato - ad un vertice del Consiglio di cooperazione del Golfo (Ccg), Ahmadinejad ha fatto sapere che il dossier nucleare iraniano "é chiuso", aggiungendo che la questione del nucleare "é giunta al termine" e che l'Iran "non si sente assolutamente minacciato. Ansa.it L'arsenale fantasma, come in Iraq
Due anni dopo aver affermato che l'Iran era impegnato in una corsa contro il tempo per dotarsi di un'arma nucleare, l'intelligence Usa ha compiuto un netto dietrofront. Un rapporto che raccoglie le conclusioni della Cia e delle altre 15 agenzie d'intelligence americane, afferma che Teheran ha interrotto il programma nell'autunno 2003, sotto l'effetto della pressione internazionale. Il rapporto, inviato dai servizi segreti al Congresso, aggiunge che l'Iran continua ad arricchire uranio e teoricamente potrebbe sviluppare un'arma tra il 2010 e il 2015. Ma nel complesso la Cia manda un segnale rassicurante, che provoca un grattacapo alla Casa Bianca, dove solo lo scorso ottobre il presidente George W.Bush ha sollevato lo spettro della 'Terza Guerra Mondiale' se il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad non viene fermato. Gli uomini del presidente sono entrati in azione pochi minuti dopo la diffusione del rapporto: "E' una conferma che eravamo nel giusto ad essere preoccupati", ha sostenuto il consigliere per la sicurezza nazionale, Stephen Hadley, aggiungendo che le conclusioni dimostrano la necessità di "continuare a mantenere la pressione internazionale" sull'Iran. Da Doha, dove partecipa - primo presidente iraniano ad essere invitato - ad un vertice del Consiglio di cooperazione del Golfo (Ccg), Ahmadinejad ha fatto sapere che il dossier nucleare iraniano "é chiuso", aggiungendo che la questione del nucleare "é giunta al termine" e che l'Iran "non si sente assolutamente minacciato. Ansa.it L'arsenale fantasma, come in Iraq
mercoledì, novembre 07, 2007
"Abbiamo tremila centrifughe"
Le tre risoluzioni fin qui votate dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu che chiedono all'Iran di sospendere l'arricchimento dell'uranio, non hanno per Teheran «nessun valore». Lo ha detto oggi il presidente iraniano, Mahmud Ahmadinejad in un discorso a Birjand, nell'est del Paese. L'Iran ha conseguito uno degli obiettivi-chiave del proprio programma nucleare, dotandosi di tremila centrifughe per l'arricchimento dell'uranio, fase preliminare rispetto alla produzione vera e propria di energia atomica ha annunciato Ahmadinejad. «Abbiamo ormai raggiunto le tremila centrifughe», ha proclamato in tono trionfante davanti alla folla l'oltranzista presidente iraniano, sottolineando come un risultato di tale portata sia stato realizzato a dispetto delle pressioni internazionali su Teheran affinchè ponesse fine alle attività in campo nucleare, e nonostante le sanzioni imposte in due successive occasioni alla Repubblica Islamica dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. La soglia di 3.000 centrifughe rappresenta un modulo che permette teoricamente, e a condizione di funzionare in modo ottimale, di ottenere in meno di un anno uranio altamente arricchito sufficiente per una bomba atomica.
domenica, novembre 04, 2007
venerdì, novembre 02, 2007
domenica, ottobre 28, 2007
Baradei: "Nessuna prova"
Il direttore dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (Aiea) Mohammed Baradei ha detto oggi di non avere alcuna prova che l'Iran stia cercando di produrre un'arma nucleare. Baradei, in una intervista alla CNN, ha detto "di non avere alcuna informazione su un programma nucleare militare iraniano in corso in questo momento". Secondo Baradei le recenti prese di posizione americane sull'Iran "non fanno che gettare benzina sulle fiamme". Il direttore dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica ha poi criticato Israele per il raid aereo sulla Siria dicendo che se Tel Aviv aveva informazioni su attività nucleari clandestine di Damasco avrebbe dovuto farle avere alla sua agenzia. Baradei, in una intervista alla Cnn, ha detto che "ad oggi non abbiamo ricevuto alcuna informazione su presunte attività nucleari clandestine della Siria". "Non approvo il comportamento israeliano. Non è questo il modo di fare le cose. Esiste un sistema: se paesi hanno informazioni su un programma nucleare di altri paesi devono farcelo sapere - ha detto Baradei - Abbiamo l'autorità per inviare ispettori sul posto". "Prima bombardare e poi denunciare, come ha fatto Israele, non è la strada giusta - ha detto Baradei - Il risultato è di minare il sistema esistente e di non portare alcuna soluzione". Secondo i media Usa il raid aereo israeliano, effettuato con l'assenso degli Stati Uniti, avrebbe distrutto il 6 settembre scorso una installazione nucleare che la Siria stava costruendo con l'aiuto della Corea del Nord.
venerdì, ottobre 26, 2007
Rugby con il velo
giovedì, ottobre 25, 2007
Nuove sanzioni americane
Gli Stati Uniti hanno annunciato oggi nuove sanzioni contro Teheran designando le forze della Guardia Rivoluzionaria Iraniana, Al Quds, come responsabili della proliferazione di armi di distruzione di massa per il loro sostegno al terrorismo. Le misure restrittive annunciate dal Dipartimento di Stato e dal Tesoro, nel tentativo indurre Teheran a rinunciare al programma nucleare, riguardano oltre venti compagnie iraniane, banche ed individui, comprese le forze militari. Secondo quanto anticipato da New York Times e Washington Post queste sanzioni permetteranno alle autorità statunitensi di fare pressione anche su centinaia di compagnie estere che fanno affari con i militari iraniani. Le misure congelano ogni asset finanziario dei militari iraniani che si possa trovare negli Stati Uniti e di chiunque faccia affari con loro, spiega l'agenzia Bloomberg. Secondo il ministero degli Esteri iraniano, le sanzioni annunciate dagli Stati Uniti contro Teheran sono contrarie alla legalita' internazionale.
mercoledì, ottobre 24, 2007
Le mani sporche di sangue
Mani sporche di sangue e slogan pacifisti hanno accolto il segretario di Stato americano, Condoleeza Rice, al suo arrivo al Congresso, a Washington, dove ha tenuto un intervento sulla situazione in Iraq, Iran e sul conflitto mediorientale. La dimostrante è stata subito allontanata ... gentilmente dalle forze di sicurezza dall'aula della Commissione esteri della Camera dove il segretario di stato ha parlato dei maggiori problemi internazionali, definendo la politica dell'Iran "forse la maggiore sfida" alla sicurezza degli Stati Uniti. La sequenza
martedì, ottobre 23, 2007
Negoziati a Roma
Said Jalili e Ali Larijani, il capo negoziatore iraniano sul nucleare e il suo predecessore, sono arrivati a Roma per colloqui cruciali con Javier Solana, responsabile della politica estera comune della Ue. E intanto un piccolo giallo è sorto sul ritorno in Iran del presidente Mahmud Ahmadinejad da una visita in Armenia, che secondo fonti della presidenza armena è stata inaspettatamente accorciata, mentre Teheran smentisce. L'incontro con Solana avviene tre giorni dopo la sostituzione di Larijani a capo dei negoziatori, per la quale l'Iran non ha fornito alcuna spiegazione. Solana rappresenterà nei colloqui tutto il gruppo dei 'cinque piu' unò, cioé Usa, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna e Germania, che alla fine di novembre potrebbero decidere sanzioni pesanti contro Teheran nel caso non venissero ritenute soddisfacenti le informazioni fornite per fare piena chiarezza sul suo programma nucleare. L'incontro avviene una settimana dopo lunghi colloqui riservati avuti dal presidente russo Vladimir Putin a Teheran. Proprio per l'importanza del momento, secondo l'agenzia francese France Presse, che cita fonti diplomatiche, Ahmadinejad avrebbe accorciato la visita a Ierevan, che era in corso da ieri e avrebbe dovuto concludersi comunque oggi. Ahmadinejad, fanno notare fonti dell'ufficio stampa della presidenza armena, avrebbe dovuto visitare oggi il memoriale del genocidio armeno e la Moschea Blu di Ierevan, dopo avere incontrato ieri il presidente armeno Robert Kocharian. Ma secondo la France Presse avrebbe voluto rientrare prima del previsto a Teheran a causa della "situazione politica" interna e dei negoziati sul nucleare.Teheran ha smentito la circostanza. Mojtaba Samareh Hashemi, uno dei consiglieri più vicini ad Ahmadinejad, che lo accompagnava nel viaggio a Ierevan, ha affermato che "il presidente ha portato a termine il programma della visita ed è ripartito secondo i tempi prestabiliti".
domenica, ottobre 21, 2007
Ahmadinejad a New York
New York, 24 settembre 2007, al Continental, dove è scesa tutta la missione iraniana, il presidente Ahmadinejad riceve una delegazione di rabbini americani. "Sembra un paradosso - dicono - considerate le posizioni negazioniste ed anti israeliane dell'Iran, ma il rabbino Wiess è un antisionista, considera lo Stato di Israele un errore ed è di casa a Tehran" e così risponde alle domande di rito: "non è vero che il presidente Ahmadinejad neghi l'olocausto, è una bugia dei sionisti". C'è già chi ha detto che pensare che tutti gli ebrei siano sionisti è come pensare che tutti gli islamici siano talebani. E ancora, alla domanda - più che altro un'affermazione - "ma Tehran minaccia di distruggere israele?" Le prime parole del rabbino sono lapidarie: "non è vero" . Intervistato al Continental il presidente Ahmadinejad prende atto di essere arrivato a New york "in mezzo alle polemiche e alle proteste" e osserva: "siamo appena arrivati per partecipare all'Assemblea delle Nazioni Unite, siamo venuti qui in pace assieme a tutti gli altri capi di stato per scambiare e confrontare i nostri e i loro punti di vista". Poi, parlando della visita che avrebbe voluto rendere sul luogo degli attentati dell'11 settembre 2001, gli viene chiesto: "perchè vuole andare a Ground Zero? I parenti delle vittime la considerano un'offesa". E risponde: "voglio andare lì per rendere onore alle persone che lì sono state uccise e da lì lanciare se possibile un messaggio di pace per tutti gli essere umani, questo vorrei". (Tg3 e altro) Pipistro 24 settembre 2007
Truppe inglesi in territorio iraniano?
Le forze speciali britanniche sono entrate in Iran diverse volte negli ultimi mesi, nell'ambito di una guerra segreta combattuta al confine iraniano contro la Guardia rivoluzionaria iraniana al Quds. Lo riferisce oggi il domenicale britannico 'Sunday Times', che cita fonti della difesa di Londra.Ci sono stati inoltre almeno una mezza dozzina di intensi scontri a fuoco tra le forze speciali Sas e contrabbandieri di armi, al confine tra Iran e Iraq. I militari iraniani hanno anche sparato alcuni colpi di mortai in territorio iracheno. Un plotone delle Sas sta conducendo delle operazioni al confine iraniano nelle province di Maysan e Bassora con altre forze speciali australiane e statunitensi. L'obiettivo è quello di fermare il contrabbando di armi, in particolare di missili terra-aria e di componenti per la costruzione di ordigni.
sabato, ottobre 20, 2007
Said Jalili nuovo negoziatore
Il capo negoziatore iraniano sul nucleare, Ali Larijani, si è dimesso. Lo ha detto oggi il portavoce del governo, Gholamhossein Elham. "Larijani aveva già presentato diverse volte le dimissioni, ma solo ora il presidente Mahmud Ahmadinejad le ha accettate", ha detto Elham parlando all'agenzia ufficiale Irna. Il portavoce governativo non ha indicato alcun nome per la successione. Larijani, aveva fatto notare nei giorni scorsi la stampa iraniana, non era presente ai colloqui avuti dalla dirigenza iraniana il 16 ottobre con il presidente russo Vladimir Putin a Teheran. Lo stesso capo negoziatore sul nucleare aveva detto in seguito che Putin aveva presentato alla Guida suprema, ayatollah Ali Khamenei, un "messaggio speciale" per cercare di risolvere il braccio di ferro con la comunità internazionale. Lo stesso Khamenei, citato dall'agenzia Irna, aveva detto che l'Iran avrebbe "studiato" le proposte di Putin. Le dimissioni di Larijani potrebbero essere quindi il segnale di una svolta nella politica iraniana. Lo stesso Putin, prima di arrivare a Teheran, aveva avuto colloqui con il segretario di Stato americano Condoleezza Rice, con il presidente francese Nicolas Sarkozy e con il cancelliere tedesco Angela Merkel. Dopo il ritorno di Putin da Teheran, il premier israeliano Ehud Olmert si è recato a Mosca per un incontro, al termine del quale si è detto "incoraggiato" in merito alla possibilità di risolvere la crisi iraniana.
NUCLEARE: IRAN, SAID JALILI NUOVO NEGOZIATORE (ANSA) - TEHERAN, 20 OTT - Said Jalili è il nuovo capo negoziatore iraniano sul nucleare al posto di Ali Larijani, di cui il governo ha annunciato oggi le dimissioni. Lo ha reso noto il portavoce dell'esecutivo, Gholamhossein Parham. In merito all'incontro già in programma il 23 ottobre a Roma con il responsabile per la politica estera comune della Ue, Javier Solana, il portavoce ha detto che la parte iraniana potrebbe essere rappresentata "o da Larijani, o da Jalili, o dai due insieme". Jalili è stato fino ad oggi vice ministro degli Esteri per gli affari americani ed europei
giovedì, ottobre 18, 2007
Arrestato giornalista dissidente
Il 14 ottobre, Emadeddin Baghi è stato arrestato dopo essere stato convocato per comunicazioni sulle nuove accuse nei suoi confronti. Secondo il suo avvocato, la prima sezione del tribunale rivoluzionario di Teheran, lo ha accusato di "propaganda contro il regime" e "pubblicazione di documenti governativi segreti ottenuto con l'aiuto di prigionieri reclusi per aver attentato alla sicurezza degli uffici speciali". Fervente militante contro la pena di morte in Iran, e vincitore nel 2005 del premio per i Diritti dell'Uomo della Repubblica francese, Emededdin Baghi era stato condannato nel 2000 a tre anni di carcere per "attentato alla sicurezza nazionale". Il 9 novembre 2004, era stato condannato a un anno di carcere duro per aver pubblicato un libro che accusava le autorità iraniane dell'assassinio di intellettuali e giornalisti nel 1998. Il giornale in cui lavorava, 'Jomhouriat', era stato proibito nel 2003. Il 31 luglio 2007, era stato condannato a tre anni di prigione con l'accusa di "azioni contro la sicurezza nazionale" e "pubblicità in favore degli oppositori di regime".
lunedì, ottobre 15, 2007
Putin a Teheran
Tutti i Paesi che si affacciano sul Mar Caspio, vicini quindi dell'Iran, devono impegnarsi a "non mettere a disposizione il proprio territorio in caso di aggressione ad un altro Stato", nel caso particolare proprio la Repubblica islamica. Lo ha detto oggi il presidente russo, Vladimir Putin. Putin è giunto a Teheran per un vertice dei cinque Paesi che si affacciano sul Caspio e per discutere con le autorità iraniane del braccio di ferro internazionale sul loro programma nucleare. Alla riunione partecipano, oltre alla Russia e all'Iran, il Kazakhstan, il Turkmenistan e l'Azerbaigian. Proprio a quest'ultimo Paese potrebbe essere stato diretto l'avvertimento di Putin. Secondo voci circolate sulla stampa russa, e smentite dalle autorità azere, gli Stati Uniti potrebbero negoziare una cooperazione con Baku per usare le strutture militari in quel Paese. Putin, il primo leader di Mosca a visitare l'Iran dopo Stalin nel 1943, è arrivato a Teheran nonostante presunte minacce terroristiche alla sua vita di cui aveva parlato due giorni fa l'agenzia russa Interfax, e che ieri erano sembrate poter mettere in dubbio il programma. Ma invece che ieri sera, come previsto in un primo momento, il presidente russo è sbarcato nella capitale iraniana soltanto stamane, immediatamente prima dell'inizio del vertice. Putin ha fatto appello ad una cooperazione tra i cinque Paesi proprio "per combattere il terrorismo e l'estremismo", con apparente riferimento all'attività di gruppi integralisti musulmani nel Caucaso e in generale in repubbliche ex sovietiche vicine.
sabato, ottobre 13, 2007
La fine del Ramadan
lunedì, ottobre 08, 2007
Studenti contro studenti
Studenti che gridavano 'morte al dittatore!' prima di un discorso del presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad nel campus dell'università di Teheran si sono scontrati oggi con studenti sostenitori di quest'ultimo. "Presidente rivoluzionario, noi ti appoggiamo", hanno risposto i filo-Ahmadinejad, che hanno cominciato a spingere e contrastare gli oppositori, secondo quanto riportano giornalisti della Reuters presenti.
domenica, settembre 30, 2007
La questione palestinese
Che il Medioriente sia la questione centrale lo sappiamo da sessant’anni. Alcuni politici di buona volontà hanno provato a mettere insieme i cocci ma al massimo sono riusciti talvolta a strappare qualche lembo di pace. Forse perché questa pace qualcuno non la vuole, non cerca un accordo ma aspira ad avere ragione totale, senza rispetto per chi in quella terra, la Palestina, già ci stava. E’ stato chiaro l’11 settembre 2001 quando, dopo l’attacco alle torri, Bush si è autoproclamato presidente del mondo e Israele si è subito accodata: “Ecco, risolviamo la questione palestinese”. Cosa c’entrano i palestinesi con al Qaeda? Solo una maniera per accreditare culturalmente l’idea che i palestinesi siano terroristi, alla stessa stregua dei seguaci di bin Laden. E l’ha capito soprattutto Ahmadinejad che continua a punzecchiare proprio Israele. L’Iran, attaccato mediaticamente da anni, non intende abbassare la testa e rivendica la possibilità di sbugiardare apertamente la logica del doppio binario, che vede gli Stati Uniti (con l’occidente) porsi in posizione diversa rispetto alle parti. Così l’Iran ha chiesto ufficialmente alle Nazioni Unite un’ispezione sulle capacità nucleari israeliane. E c’è da chiedersi quanto noi europei dovremo continuare ad immaginare come legittima la politica israeliana di riconosciuta ed istituzionalizzata “ambiguità” (nucleare), quando minacciosi si fanno i venti di guerra spinti da una regola da far west, quella del più forte. segue
mercoledì, settembre 26, 2007
sabato, settembre 22, 2007
La parata militare
L'Iran fa sfilare i suoi missili balistici - in grado tra l'altro di raggiungere Israele - in una grande parata militare a Teheran. E il presidente Mahmud Ahmadinejad, parlando alle truppe, riafferma che nessuna sanzione economica e nessuna minaccia di attacco potrà fermare il programma nucleare della Repubblica islamica. "Coloro che pensano di fermare l'avanzata della nazione iraniana con sanzioni economiche e la guerra psicologica commettono un errore. L'Iran è entrato in possesso delle più avanzate tecnologie", ha affermato Ahmadinejad durante la sfilata, che si svolgeva come ogni anno davanti al mausoleo dell'ayatollah Ruhollah Khomeini nel 27/o anniversario dell'inizio della guerra con l'Iraq. Ansa.it IL VIDEO
venerdì, settembre 21, 2007
Parnaz Azima lascia Teheran
Parnaz Azima, la giornalista di Radio Farda, l'emittente statunitense in lingua farsi, ha lasciato l'Iran dopo otto mesi. La giornalista, che ha la doppia cittadinanza iraniana e statunitense, era giunta in Iran a gennaio per far visita alla madre malata. Subito dopo il suo arrivo le erano stati tolti i due passaporti. Azima era accusata di ''propaganda anti regime'' e ''spionaggio a favore di potenze straniere'', ed era libera dietro il pagamento di una cauzione di 450mila euro. Azima, che è giunta a Praga, dove ha sede Radio Farda, ripartirà per gli Stati Uniti per un periodo di riposo.
Rifiuti
Ahmadinejad ha anche chiesto nei giorni scorsi di visitare Ground Zero ma la richiesta è stata respinta ufficialmente per motivi di sicurezza, ma in realtà con sdegno. “Sarebbe un oltraggio” ha dichiarato Condoleeza Rice. Succede di essere rifiutati. E’ capitato anche a Condy con il Papa quest’estate. Voleva incontrarlo ma il Papa ha rifiutato con decisione, ufficialmente perché in vacanza, in realtà perché in contrasto (si sussurra al Vaticano) per contrasti sulla politica estera americana, specificatamente su Iraq e Iran.
Il cow boy e il giocatore di scacchi
Aveva già scritto direttamente a Bush e, pare, anche a Condy. Chiedeva di discutere, di trovare un punto d’incontro. Non ha mai ricevuto risposta e adesso, qualche mese dopo quelle lettere in qualche maniera private, Ahmadinejad lancia la proposta di un dibattito pubblico con il presidente americano. Lo ha detto durante alla Tv statale iraniana. “Sediamoci insieme e discutiamo. Ho proposto di discutere all'assemblea generale delle nazioni Unite delle questioni internazionali. Il nostro obiettivo sarà quello di risolvere i problemi del mondo. Laggiu', saranno riuniti i rappresentnati di duecento Paesi e potranno giudicare". Contemporaneamente il leader iraniano ha affidato alle agenzie ufficiali nuovamente segnali di grande simpatia al popolo americano. “Noi vogliamo pace e amicizia con gli americani”ha detto testualmente. Non è finita qui. Dopo qualche ritrosia iniziale Mahmoud Ahmadinejad ha cedutoalla corte di Oliver Stone che vuole fare un documentario sui due anni di presidenza sulla falsariga del “Comandante”, l’intervista fiume a Fidel Castro.I collaboratori più stretti di consiglieri gli avevano sconsigliato di accettare perché «sebbene Oliver Stone sia unanimente ritenuto una voce dell'opposizione americana, resta, tuttavia, un prodotto del Grande Satana», cioè degli Stati Uniti. Ma Ahmadinejad ha pensato invece che il documentario potrebbe stimolare quel dialogo diretto con il popolo americano che sta cercando da tempo. Ha posto una sola condizione: tutti inserti video originali, insomma niente fiction.
Ma c’è di più. I messaggi più importanti li ha sempre affidati alla stampa occidentale. Così in un’intervista agli inglesi di “Channel 4” ha offerto anche la chiave politica per smorzare i toni (come ho riportato nel post precedente). Ha dichiarato testualmente: “Noi non vogliamo la bomba, siamo contro le bombe, in realtà dal punto di vista politico, non e’ utile … perche’ dovremmo volere la bomba? Per quale uso? Non ne abbiamo bisogno” Parlando in diretta dalla sua residenza a Teheran il presidente iraniano . ha pero’ difeso il diritto di Teheran di portare avanti il controverso programma di arricchimento dell’uranio, di cui la comunita’ internazionale chiede il blocco”. Su questo non è disposto a cedere tanto che il capo negoziatore iraniano, Ali Larijani, ha ammonito che una terza tornata di sanzioni dell’Onu contro l’Iran potrebbe mettere a repentaglio la collaborazione con gli ispettori internazionali.
La verità è che l’Iran la bomba atomica non ce l’ha e se pure dovesse cominciare adesso a produrla ci vorrebbero, secondo gli scienziati, almeno dieci anni. Dunque, anche a non credere alle sue intenzioni, sicuramente non si tratta di un pericolo immediato. Così immediato che gli Stati Uniti hanno già pronto un piano dettagliato d’intervento. Il Pentagono avrebbe già stilato una lista di circa duemila obiettivi da colpire. Bush starebbe avviando un’escalation politica in questi mesi per giustificare l’intervendo, esasperando le tensioni. C’è addirittura chi prevede il peggio: non un’operazione chirurgica ma un attacco totale, sul tipo dell’operazione “Shock and Fright” con cui è partita la guerra in Iraq: cioè i bombardamenti a tappeto per distruggere l’esercito iraniano, forse in questo caso senza l’invasione successiva ma solo per dimostrare chi è il più forte.
A nulla è valsa la lezione. La grande paura di una nuova, devastante guerra nasce dalle coincidenze. Allora il pretesto erano le armi di distruzione di massa mai trovate, adesso una bomba atomica che non esiste. La stessa Aiea ha confermato che lo scopo del nucleare iraniano non è militare. Ma niente, l’Iran va attaccato. Non ci vogliono grandi esperti per capire che Bush ha un anno di tempo per rifarsi e spera con Teheran di cancellare Baghdad. Accusa Ahmadinejad di appoggiare il terrorismo ma dimentica la storia. Per dieci anni ha affiancato Saddam per mettere un muro davanti al regime degli ayatollah. Che fa? Toglie Saddam e adesso scopre che la via dei fondamentalisti è aperta. E allora deve andare là a rimettere un tappo senza sapere che metà del popolo iraniano non è con il presidente. Ho parlato con studenti e studentesse (a volto scoperto) all’università di Teheran e vogliono il cambiamento, uscire dal medioevo culturale. Se Bush facesse l’errore di toccare solo con un dito l’Iran ad Ahmadinejad non sembrerebbe vero di diventare il leader della guerra santa.
Basterebbe ragionare ma il problema vero è la statura politica dei due. Il presidente iraniano è un grande giocatore di scacchi, seguendo un’antichissima tradizione persiana, Bush è un cow-boy modesto giocatore di poker. Non riesce a capire il bluff di questo piccoletto finto contadino che invece ha due lauree (una in fisica nucleare, guarda caso) che parla anche l’italiano ma fa finta di non capirlo, che attacca Israele solo per provocare perché sa che il punto cruciale è quello. Solo che adesso frena perché ha capito che quello non sa giocare a carte. Parole, Ahmadinejad ha usato finora solo parole: politica. Bush non vede l’ora di mostrare i muscoli.
Ma c’è di più. I messaggi più importanti li ha sempre affidati alla stampa occidentale. Così in un’intervista agli inglesi di “Channel 4” ha offerto anche la chiave politica per smorzare i toni (come ho riportato nel post precedente). Ha dichiarato testualmente: “Noi non vogliamo la bomba, siamo contro le bombe, in realtà dal punto di vista politico, non e’ utile … perche’ dovremmo volere la bomba? Per quale uso? Non ne abbiamo bisogno” Parlando in diretta dalla sua residenza a Teheran il presidente iraniano . ha pero’ difeso il diritto di Teheran di portare avanti il controverso programma di arricchimento dell’uranio, di cui la comunita’ internazionale chiede il blocco”. Su questo non è disposto a cedere tanto che il capo negoziatore iraniano, Ali Larijani, ha ammonito che una terza tornata di sanzioni dell’Onu contro l’Iran potrebbe mettere a repentaglio la collaborazione con gli ispettori internazionali.
La verità è che l’Iran la bomba atomica non ce l’ha e se pure dovesse cominciare adesso a produrla ci vorrebbero, secondo gli scienziati, almeno dieci anni. Dunque, anche a non credere alle sue intenzioni, sicuramente non si tratta di un pericolo immediato. Così immediato che gli Stati Uniti hanno già pronto un piano dettagliato d’intervento. Il Pentagono avrebbe già stilato una lista di circa duemila obiettivi da colpire. Bush starebbe avviando un’escalation politica in questi mesi per giustificare l’intervendo, esasperando le tensioni. C’è addirittura chi prevede il peggio: non un’operazione chirurgica ma un attacco totale, sul tipo dell’operazione “Shock and Fright” con cui è partita la guerra in Iraq: cioè i bombardamenti a tappeto per distruggere l’esercito iraniano, forse in questo caso senza l’invasione successiva ma solo per dimostrare chi è il più forte.
A nulla è valsa la lezione. La grande paura di una nuova, devastante guerra nasce dalle coincidenze. Allora il pretesto erano le armi di distruzione di massa mai trovate, adesso una bomba atomica che non esiste. La stessa Aiea ha confermato che lo scopo del nucleare iraniano non è militare. Ma niente, l’Iran va attaccato. Non ci vogliono grandi esperti per capire che Bush ha un anno di tempo per rifarsi e spera con Teheran di cancellare Baghdad. Accusa Ahmadinejad di appoggiare il terrorismo ma dimentica la storia. Per dieci anni ha affiancato Saddam per mettere un muro davanti al regime degli ayatollah. Che fa? Toglie Saddam e adesso scopre che la via dei fondamentalisti è aperta. E allora deve andare là a rimettere un tappo senza sapere che metà del popolo iraniano non è con il presidente. Ho parlato con studenti e studentesse (a volto scoperto) all’università di Teheran e vogliono il cambiamento, uscire dal medioevo culturale. Se Bush facesse l’errore di toccare solo con un dito l’Iran ad Ahmadinejad non sembrerebbe vero di diventare il leader della guerra santa.
Basterebbe ragionare ma il problema vero è la statura politica dei due. Il presidente iraniano è un grande giocatore di scacchi, seguendo un’antichissima tradizione persiana, Bush è un cow-boy modesto giocatore di poker. Non riesce a capire il bluff di questo piccoletto finto contadino che invece ha due lauree (una in fisica nucleare, guarda caso) che parla anche l’italiano ma fa finta di non capirlo, che attacca Israele solo per provocare perché sa che il punto cruciale è quello. Solo che adesso frena perché ha capito che quello non sa giocare a carte. Parole, Ahmadinejad ha usato finora solo parole: politica. Bush non vede l’ora di mostrare i muscoli.
lunedì, settembre 17, 2007
La bomba atomica? Inutile
L’Iran non ha alcun interesse a dotarsi di armi nucleari, perche’ sono “inutili”. E’ l’opinione di Mahmoud Ahmadinejad, che, in un’intervista alla britannica ‘Channel 4′, ha parlato del programma nucleare iraniano che suscita i timori della comunita’ internazionale. “Non vogliamo la bomba, siamo contro le bombe, in realta’”, ha affermato il presidente iraniano in diretta dalla sua residenza di Teheran, “dal punto di vista politico, non e’ utile … perche’ dovremmo volere la bomba? Per quale uso? Non ne abbiamo bisogno”. Il capo di Stato ha pero’ difeso il diritto di Teheran di portare avanti il controverso programma di arricchimento dell’uranio, di cui la comunita’ internazionale chiede il blocco perche’ teme possa essere il primo passo verso l’acquisizione di armi nucleari. Intanto, il capo negoziatore iraniano, Ali Larijani, ha ammonito che una terza tornata di sanzioni dell’Onu contro l’Iran potrebbe mettere a repentaglio la collaborazione con gli ispettori internazionali.
Perchè certe notizie che smorzano i toni in occidente non le pubblica nessuno? Mi pare di tornare alla vigilia della guerra in Iraq: tutti a cercare le armi di distruzione di massa di Saddam. Gli ispettori dell'Onu dopo sei mesi di ricerca a garantire: non ci sono. Ma niente, la guerra andava fatta. Avete visto i risultati. Pare che il progetto di Bush, dopo il totale fallimento iracheno, sia quello di rifarsi con l'Iran. Ma non sa che potrebbe andare anche peggio.
Perchè certe notizie che smorzano i toni in occidente non le pubblica nessuno? Mi pare di tornare alla vigilia della guerra in Iraq: tutti a cercare le armi di distruzione di massa di Saddam. Gli ispettori dell'Onu dopo sei mesi di ricerca a garantire: non ci sono. Ma niente, la guerra andava fatta. Avete visto i risultati. Pare che il progetto di Bush, dopo il totale fallimento iracheno, sia quello di rifarsi con l'Iran. Ma non sa che potrebbe andare anche peggio.
mercoledì, settembre 12, 2007
Pegah è libera
Pegah, la donna lesbica iraniana che dalla Gran Bretagna rischiava l'estradizione nel suo paese e la morte, "è libera". A dare l'annuncio è il gruppo EveryOne, che ha promosso la mobilitazione per la sua vita, e che fa sapere che la donna "si trova a casa di amici a Sheffield". La notizia della liberazione di Pegah Emambakhsh dal centro di detenzione di Yarl's Wood di Clapham - fa sapere il gruppo EveryOne - è arrivata nella tarda serata di ieri. La sua liberazione, dicono con soddisfazione dall'organizzazione, è frutto della mobilitazione internazionale ha cui hanno aderito migliaia di cittadini e centinaia di organizzazioni per i diritti umani.
domenica, settembre 02, 2007
L'armonia dei contrasti
As salamu alaykum nobile Pino Scaccia. Mi chiamo Karima Angiolina Campanelli, nata in Italia da genitori italiani, regista di teatro.Sono una dei tanti musulmani occidentali di cultura italiana ; seguo con grande attenzione, interesse il tuo lavoro, ed ho apprezzato ed apprezzo non solo la sensibilità con la quale ti sei fatto portavoce dei malesseri e dei disagi di questa nostra società, degli animi dei singoli e di chi in ogni luogo fisico o mentale ha reclinato l'anima al disagio e sia impedito ad avanzare degnamente nella vita; ancor più apprezzo il tuo cuore fermo nei campi di battaglia in avanguardia. Ti sono grata per aver espresso parole che ai più sono negate.....Ed ora mi permetto di esprimere un pensiero che in animo spero voglia da te esser colto e posto come seme nel terreno del tuo lavoro. Dei pochi scelti (ad arte) per narrare o rappresentare l'Islàm, mai vien data voce ai più, che in mezzo a voi si muovono con animo pacifico, a tutti coloro (tantissimi) che invisibili vivono, lavorano, condividono e s'impegnano perchè la nostra mirabile (nella gioia e nel dolore) vita divenga luogo di fusione e riconoscimento dello stupefacente insieme di diversità (pur comprendendo che è poco vendibile chi non crea scandali e disarmonie).....Ti chiedo di parlare di noi, di tutti i silenziosi! ....personalmente mi presto ad un servizio che per noi musulmani è tappa necessaria nel momento della separazione, quando la morte ci sorprende, mi riferisco al rituale del lavaggio delle salme delle sorelle decedute, rituale colmo di poetica per chi ne comprende il senso più ascoso; molte sorelle spirano negli ospedali, e lì io sperimento aspetti indescrivibili e dolorosi su come i resti dei nostri cari (Ebrei cristiani, atei, musulmani, buddisti ecc.) vengano trattati, un'inchiesta farebbe luce su ambienti inadeguati, sulla sporcizia, sui traffici che alla camorra (parlo di Napoli con cognizione di causa) vengono concessi, sulla mancanza di strutture che permettano a tutti nelle diversità religiose e non di avere una stanza degli addii adeguata, dove le scelte sofferte di un'intera vita vengano rispettate e portate a compimento anche in quell'ultimo atto... "L'armonia dei contrasti supera gli universi infiniti e ci avvicina a Dio....Bisogna farsi uccelli e mettersi a volare. Bisogna divenire un'agile alcione. Bisogna immergersi in un vasto mare. Bisogna estrarre pietre preziose tali che non le riconosca il gioielliere.".... Allah ti compensi e ti apra le porte necessarie alla realizzazione di ciò che è bene, ti doni bellezza e ricchezze e un passo lieve :-) Karima
salam wa rahma
salam wa rahma
giovedì, agosto 23, 2007
Fustigazione pubblica
Un ragazzo di 25 anni è stato frustato a sangue dalla polizia per le strade di Qazvin, 144 chilometri a ovest di Teheran. Accusato di abuso di alcool e di aver fatto sesso fuori dal matrimonio, contravvenendo così alle severe leggi morali iraniane, il venticinquenne Saeed Ghanbari è stato condannato a 80 pubbliche frustate da una tribunale religioso e la sentenza è stata eseguita da due ufficiali col passamontagna davanti a oltre mille persone.
mercoledì, agosto 22, 2007
Appello per Pegah
Pegah Emambakhsh è una donna lesbica iraniana che due anni fa è scappata dall’Iran per giungere in Gran Bretagna. Nonostante il suo caso sia evidentemente rapportabile alla violazione sistematica da parte del regime di Teheran dei diritti umani, non ha ottenuto l’asilo politico. Ora il governo britannico ha deciso di estradarla in Iran dove verrà presa in consegna dalla polizia per essere lapidata. Pegah, è attualmente detenuta a Yarlswood (Sheffield) e il Pubblico Ministero che si occupa del suo caso, rientrerà il 24 agosto dalle ferie. Le autorità del Regno Unito hanno deciso di compiere un atto di forza, in dispregio di ogni diritto umano e di anticipare la partenza di Pegah verso l'Iran. Il Governo britannico è in procinto di deportarla in Iran il 23 agosto 2007, con il volo diretto per Teheran della British Airline BA6633, che partirà alle 21.55 dall'aeroporto Heathrow. L’unica colpa di questa giovane donna è quella di essere lesbica dichiarata e di provenire da un paese dove governa un orribile regime integralista islamico che ogni giorno calpesta i diritti delle persone. Rivolgiamo un appello accorato ed urgente al Governo italiano, affinché faccia pressioni su quello del Regno Unito: se Pegah salirà su quell’aereo la sua esecuzione avverrà appena giunta in patria. Kkarl Inviate i vostri messaggi a questo indirizzo email relazioni.pubblico@esteri.it
martedì, agosto 07, 2007
Pena di morte
Le polemiche con il governo italiano sulla pena di morte non fermano il boia. Un'altra impiccagione è avvenuta in Iran sulla pubblica piazza, mentre ne sono previste a breve altre 12 nella sola città di Kerman, nel sud-est. Lo riferisce l'agenzia Irna. Un uomo, Nasser Mohammad Khani, condannato a morte per avere ucciso un agente di polizia due mesi fa, è salito sul patibolo davanti a una folla di spettatori a Gonbad Kavus, nel nord-est del Paese. Khani aveva accoltellato l'agente mentre questi era impegnato in una 'campagna contro l'immoralità' avviata qualche mese fa dalla polizia iraniana. Non si conoscono altri particolari sull'episodio. A Kerman, invece, il capo della polizia locale, Mohammad Reza Eshagi, parlando ai fedeli nella moschea principale della città, ha annunciato che 12 criminali arrestati nella stessa campagna saranno presto giustiziati. Non si sa se in pubblico o meno. Dall'inizio dell'anno sono state 149, secondo notizie di stampa e testimonianze, le esecuzioni capitali avvenute in Iran, di cui molte in pubblico. Solo il primo agosto erano stati impiccati dieci uomini, di cui sette sulla pubblica piazza a Mashhad, nell'est del Paese, che erano stati condannati per reati quali rapina, «banditismo, sequestro di persona, violenza carnale e atti contro la moralità». Altri 16 erano stati giustiziati in due impiccagioni collettive nel carcere di Evin a Teheran nella settimana tra il 15 e il 22 luglio. Corriere.it
domenica, agosto 05, 2007
Teheran respinge le accuse
«Ogni Paese indipendente combatte il crimine secondo le sue leggi interne, e ogni interferenza in questo campo è un'interferenza negli affari interni di un Paese». Lo ha detto oggi il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Mohammad Ali Hosseini, rispondendo ad una domanda dell'Ansa sulle «forti inquietudini» espresse giovedì dalla Farnesina per l'ondata di impiccagioni delle ultime settimane nella Repubblica islamica.Hosseini, interpellato durante la sua conferenza stampa settimanale, se l'è presa soprattutto con il modo usato dalla stampa occidentale per trattare le notizie sulle sentenze capitali in Iran. In particolare su quelle emesse nei confronti di due giornalisti curdi, Adnan Hassanpur e Abdolvahed 'Hiwà Butimar, il 16 luglio scorso dalla Corte rivoluzionaria di Marivan, nel nord-ovest del Paese. Per queste due condanne la Farnesina ha espresso «viva preoccupazione». «La copertura della vicenda da parte dei media occidentali - ha affermato Hosseini - si è basata su due opinioni: la prima che i due siano stati condannati in quanto giornalisti, la seconda, perché sono curdi».Ma ciò non è vero, ha aggiunto il portavoce iraniano, perchè «le sentenze emesse dalla magistratura iraniana riguardano la violazione della legge» e «non hanno nulla a che fare con l'appartenenza etnica, la professione o la carica» dei condannati. Secondo Hosseini la stampa occidentale persegue dei «fini politici», e comunque le inchieste e i processi in Iran rientrano esclusivamente «nel quadro della responsabilità della magistratura». Anche un avvocato dei due curdi condannati, Saleh Nikhbakht, ha detto nei giorni scorsi che la sentenza non riguarda la loro attività giornalistica, ma reati penali a loro contestati e che essi hanno confessato.
sabato, agosto 04, 2007
Il "rave" clandestino
La musica che ascoltavano era "satanica", gli abiti indossati dalle ragazze "osceni", i cd "immorali". Per questo, e anche per una certa quantità di alcolici, hashish e marijuana, decine di giovani iraniani sono stati arrestati dalla polizia durante un rave party organizzato a una trentina di chilometri da Teheran. Ora li aspetta, probabilmente, qualche giorno di carcere e il rilascio dietro pagamento di una contravvenzione e la firma di un impegno a cambiare comportamento o, nel peggiore dei casi, una condanna a qualche decina di frustate. Una festa-concerto clandestina organizzata via internet, quella alla quale gli arrestati stavano partecipando martedì sera, per assistere alle esibizioni di gruppi rock e rap locali, definiti "satanici" dalle forze di sicurezza. Gli agenti hanno fatto irruzione in un grande giardino privato nei pressi della città di Karaj, teatro dello "spettacolo proibito". Repubblica.it
Lettera da Teheran
Teheran. “E` bello quello che scrive sul nostro Paese.Anche a me piace molto andare in montagna lassù, c’è energia,.mi trovo bene lì. Ma sa una cosa? Questa estate hanno proibito di mettere un “mini mantu”, io personalmente sono d’accordo perchè la nostra società non era ancora pronta mentalmente per vedere questi immagini delle ragazze che portavano gli abiti così stretti con i quali non riuscivano neanche a camminare bene.e poi in una società islamica stava per aumentare la violenza e rubare delle ragazze e donne….e per questo i governatori hanno deciso di fare qualcosa, ma devo dire che questa volta, almeno questa volta hanno capito come devono reagire ….non lo fanno con la forza e solo ci sono le donne della polizia che con la dolcezza consigliano alle ragazze di cambiare il modo di vestirsi.Eh sì è cosi`…non so se Lei verrà di nuovo in Iran o no ,…..ma mi piacerebbe scrivergli qualche volta. E poi ha parlato di Shiri Ebadi …ma puo` dirmi Lei che ha fatto finora soprattutto con il premio che ha vinto per il nostro Paese? Naturalmente il SUO paese? NIENTE!” Nahal
venerdì, agosto 03, 2007
Mai contro il popolo
Abbiamo espresso soddisfazione per la presa di posizione della Farnesina , ribadita oggi dal viceministro Ugo Intini, che invita le autorità iraniane ad arrestare quel bagno di sangue indiscriminato che sta devastando l'antica Persia. Certo, è la soddisfazione di chi ( Information Safety and Freedom e Articolo21 ) ha lanciato una campagna umanitaria all'inizio rimasta nell'ombra, e la vede ora raccolta dal massimo livello istituzionale della politica estera italiana. C'è la speranza di poter salvare due vite umane, quella dei due giovani colleghi curdo-iraniani che rischiano la forca come "nemici di Allah" , per aver manifestato il proprio dissenso , aver rivendicato pari dignità per i cittadini della propria etnia e della propria cultura e di averlo fatto con l'arma più nobile : quella delle idee e della parola. Ma in quella nostra soddisfazione c'è anche dell'altro , che ha un significato tutto politico. L'ha spiegato bene Intini al Corriere e lo ribadiamo volentieri anche noi. In tutta questa ampia e convinta mobilitazione attorno a casi come quello di Akbar Ganji e oggi di Adnan e Hiwa , non c'è alcuna forma di ostilità nei confronti dell'Iran e del suo popolo. I nostri nemici, qui come sempre, sono l'intolleranza, l'autoritarismo, la logica che considera gli uomini in base a un'ideologia, una religione, un'appartenenza persino sessuale, invece che come tali: individui depositari di diritti intangibili a cominciare da quelli alla libera espressione e alla vita.
Su questo campo di attività,quello dei diritti umani, non esistono ne sé né ma, né parentesi, né eccezioni: ogni caso, ogni vita, ogni intelligenza sono sacri in quanto tali ed essenziali a sorreggere l'impianto generale dei diritti dell'uomo. Non c'è dubbio che questa vicenda della forca iraniana si lega alla campagna per la Moratoria Universale della Pena di Morte intrapresa dal nostro Governo con l'Unione Europea. E si lega alle celebrazioni del prossimo 60° della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo che il nostro Parlamento si appresta a varare. Questa scelta italiana ci riempie di orgoglio e ci sentiamo onorati di parteciparvi con questa nostra azione.Ma nella battaglia per strappare due giovani vite al boia c'è anche la volontà di affermare la ferma contrarietà all'ideologia dello scontro fra civiltà, alla logica del muro che dovrebbe dividere noi Occidentali, protetti, garantiti e qualificati da un sistema di diritti civili, e gli altri, Orientali, brutti,sporchi e cattivi, votati alla dittatura, all'integralismo, destinati dalla nascita alla violenza e alla barbarie. No, non ci stiamo. I diritti o sono di tutti e per tutti o non sono. Non a caso sono da sempre definiti universali.E allora dobbiamo fare una riflessione autocritica. Dallo scenario internazionale così come ci viene rappresentato sia dai media che dalla diplomazia sono assenti i cittadini, i dissidenti, i democratici che in quei Paesi si battono per la libertà e pagano questo coraggio spesso con la vita. Il teatro internazionale è diviso fra i nostri leader democratici e i loro dittatori. Le opposizioni democratiche e liberali, laiche e nonviolente, sono rimosse e quindi abbandonate a se stesse, alle vendette sanguinarie dei dittatori. Ma in Iran, così come in Libano, in Palestina, nella Federazione Russa, in Cina esistono uomini coraggiosi che vogliono solo essere liberi.Dare a loro una sponda, una visibilità, una possibilità di espressione , vuol dire sostenere un'alternativa democratica nei loro Paesi. Vuol dire offrire anche a noi un Oriente che può essere interlocutore credibile , con cui condividere prospettive future di dialogo , democrazia e pace.
C'è un sogno antico che ritorna sulle ali di questa battaglia umanitaria di oggi rivolta all'Iran e dedicata alla vita di Adnan e Hiwa . E' il sogno che nel mondo si affermi la politica degli uomini : uguali, liberi e fratelli ,a Oriente come a Occidente . Tutti con gli stessi diritti , divisi solo da storie e idee diverse che si confrontano nel dialogo.Salvare Adnan e Hiwa significa affermare che non esiste un'area ristretta e privilegiata del diritto in un mondo che ne è largamente privo. Significa combattere la logica del muro e cioè l'idea che il Bene e il Male si dividano per latitudine e non per le scelte di campo degli individui. Ci auguriamo che l'iniziativa intrapresa dalla Farnesina vada avanti con determinazione anche per questo significato politico che noi le attribuiamo. E' la speranza dei tanti iraniani che ascoltano alla radio le notizie su questa mobilitazione italiana e internazionale che cresce. Una speranza che già mette in pericolo le loro vite. Giuseppe Giulietti e Stefano Marcelli
Su questo campo di attività,quello dei diritti umani, non esistono ne sé né ma, né parentesi, né eccezioni: ogni caso, ogni vita, ogni intelligenza sono sacri in quanto tali ed essenziali a sorreggere l'impianto generale dei diritti dell'uomo. Non c'è dubbio che questa vicenda della forca iraniana si lega alla campagna per la Moratoria Universale della Pena di Morte intrapresa dal nostro Governo con l'Unione Europea. E si lega alle celebrazioni del prossimo 60° della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo che il nostro Parlamento si appresta a varare. Questa scelta italiana ci riempie di orgoglio e ci sentiamo onorati di parteciparvi con questa nostra azione.Ma nella battaglia per strappare due giovani vite al boia c'è anche la volontà di affermare la ferma contrarietà all'ideologia dello scontro fra civiltà, alla logica del muro che dovrebbe dividere noi Occidentali, protetti, garantiti e qualificati da un sistema di diritti civili, e gli altri, Orientali, brutti,sporchi e cattivi, votati alla dittatura, all'integralismo, destinati dalla nascita alla violenza e alla barbarie. No, non ci stiamo. I diritti o sono di tutti e per tutti o non sono. Non a caso sono da sempre definiti universali.E allora dobbiamo fare una riflessione autocritica. Dallo scenario internazionale così come ci viene rappresentato sia dai media che dalla diplomazia sono assenti i cittadini, i dissidenti, i democratici che in quei Paesi si battono per la libertà e pagano questo coraggio spesso con la vita. Il teatro internazionale è diviso fra i nostri leader democratici e i loro dittatori. Le opposizioni democratiche e liberali, laiche e nonviolente, sono rimosse e quindi abbandonate a se stesse, alle vendette sanguinarie dei dittatori. Ma in Iran, così come in Libano, in Palestina, nella Federazione Russa, in Cina esistono uomini coraggiosi che vogliono solo essere liberi.Dare a loro una sponda, una visibilità, una possibilità di espressione , vuol dire sostenere un'alternativa democratica nei loro Paesi. Vuol dire offrire anche a noi un Oriente che può essere interlocutore credibile , con cui condividere prospettive future di dialogo , democrazia e pace.
C'è un sogno antico che ritorna sulle ali di questa battaglia umanitaria di oggi rivolta all'Iran e dedicata alla vita di Adnan e Hiwa . E' il sogno che nel mondo si affermi la politica degli uomini : uguali, liberi e fratelli ,a Oriente come a Occidente . Tutti con gli stessi diritti , divisi solo da storie e idee diverse che si confrontano nel dialogo.Salvare Adnan e Hiwa significa affermare che non esiste un'area ristretta e privilegiata del diritto in un mondo che ne è largamente privo. Significa combattere la logica del muro e cioè l'idea che il Bene e il Male si dividano per latitudine e non per le scelte di campo degli individui. Ci auguriamo che l'iniziativa intrapresa dalla Farnesina vada avanti con determinazione anche per questo significato politico che noi le attribuiamo. E' la speranza dei tanti iraniani che ascoltano alla radio le notizie su questa mobilitazione italiana e internazionale che cresce. Una speranza che già mette in pericolo le loro vite. Giuseppe Giulietti e Stefano Marcelli
martedì, luglio 31, 2007
Momento difficile per i giornalisti
Teheran ha, oggi, confermato la condanna a morte dei due giornalisti curdi, Hiwa Boutimar e Adnan Hosseinpour, condannati all'impiccagione per essere "mohareb", ovvero nemici di Dio. A confermare la sentenza emessa lo scorso sedici luglio dal tribunale di Marivan, nel Kurdistan iraniano, è stato il portavoce del potere giudiziario, Alireza Jamshidi. Lo stesso portavoce non ha però chiarito se la Corte suprema ha confermato la pena, come previsto dalla legge iraniana. Le accuse mosse contro i due giornalisti sono azioni contro la sicurezza nazionale e contatti con organizzazioni sovversive. Uno dei due condannati, Adnan per l'esattezza, che lavorava per il settimanale Asu, chiuso da due anni, è stato inoltre accusato di spionaggio per i suoi contatti con alcuni media stranieri.
Una giornalista curda, redattrice della rivista 'Namay Vaght Kirmanshah', sarebbe stata rapita, aggredita e poi rilasciata in fin di vita in una stradina del quartiere Hafezieh di Kirmanshah, città del Kurdistan iraniano. La notizia, non confermata da altre fonti, è stata diffusa dall'Iran Press News, agenzia con sede a Bruxelles. La redazione del settimanale non ha voluto confermare o smentire l'aggressione alla giornalista.
Due noti giornalisti riformisti, Massoud Bastani e Farshad Ghorbanpour, sono stati arrestati questa mattina a Teheran per ordine della Procura della capitale iraniana: Ë quanto riporta il sito di 'Advar Tahkim Vahdat', la più importante associazione degli studenti universitari della Repubblica Islamica. Proprio ieri, il capo della polizia, Esmail Ahmadi Moghaddam, aveva annunciato un nuovo giro di vite per la stampa indipendente. "La quarta fase della campagna per la sicurezza e moralizzazione - aveva detto Ahmadi Moghaddam - colpirà tutti quelli che mettono in discussione l'operato delle autorità". Ahmadi Moghaddam, aveva avvertito che "le forze dell'ordine, tengono sotto osservazione qualunque persona e mezzo di comunicazione che pubblichi informazioni tendenziose, allo scopo di gettare l'ombra sull'operato della polizia e di alimentare la diffidenza della cittadinanza nei confronti dello Stato". Il capo della polizia aveva anche annunciato "azioni adeguate nei confronti di tutte quelle persone e quelle istituzioni che criticano il governo, rafforzando con le loro critiche l'azione dei nemici della rivoluzione".
Una giornalista curda, redattrice della rivista 'Namay Vaght Kirmanshah', sarebbe stata rapita, aggredita e poi rilasciata in fin di vita in una stradina del quartiere Hafezieh di Kirmanshah, città del Kurdistan iraniano. La notizia, non confermata da altre fonti, è stata diffusa dall'Iran Press News, agenzia con sede a Bruxelles. La redazione del settimanale non ha voluto confermare o smentire l'aggressione alla giornalista.
Due noti giornalisti riformisti, Massoud Bastani e Farshad Ghorbanpour, sono stati arrestati questa mattina a Teheran per ordine della Procura della capitale iraniana: Ë quanto riporta il sito di 'Advar Tahkim Vahdat', la più importante associazione degli studenti universitari della Repubblica Islamica. Proprio ieri, il capo della polizia, Esmail Ahmadi Moghaddam, aveva annunciato un nuovo giro di vite per la stampa indipendente. "La quarta fase della campagna per la sicurezza e moralizzazione - aveva detto Ahmadi Moghaddam - colpirà tutti quelli che mettono in discussione l'operato delle autorità". Ahmadi Moghaddam, aveva avvertito che "le forze dell'ordine, tengono sotto osservazione qualunque persona e mezzo di comunicazione che pubblichi informazioni tendenziose, allo scopo di gettare l'ombra sull'operato della polizia e di alimentare la diffidenza della cittadinanza nei confronti dello Stato". Il capo della polizia aveva anche annunciato "azioni adeguate nei confronti di tutte quelle persone e quelle istituzioni che criticano il governo, rafforzando con le loro critiche l'azione dei nemici della rivoluzione".
mercoledì, luglio 18, 2007
Due giornalisti condannati a morte
La notizia è di poche ore fa : il Tribunale della Rivoluzione di Sanadaj , in Iran, ha condannato a morte due colleghi di etnia curda. Adnan Hosseipur del settimanale Asu è accusato di attività sovversive, mentre Hiwa Boutimar di aver collaborato a pubblicazioni clandestine. I due giornalisti non appartengono a gruppi terroristici o supposti tali, ma al Partito Democratico del Kurdistan,membro dell'Internazionale Socialista. Secondo Amnesty International sono 177 le persone giustiziate dai Tribunali della Rivoluzione iraniani solo nel 2006. Si tratta di uno sterminio ,che si unisce a una politica di vero e proprio terrore attuata nei confronti di ogni tipo di oppositore e sui media con tutte le forme di repressione conosciute. Stefano Marcelli Professione Reporter
domenica, luglio 15, 2007
La congiura dei giornali
Nell’eco delle proteste internazionali sollevate dalla decisione del ministro dell’Orientamento della Repubblica Teocratica Iraniana, Mohamed Saffar-Harandi, di sospendere le pubblicazioni di alcune tra le piu’ note e diffuse testate giornalistiche del Paese, sono passate inosservate due notizie di ordinaria repressione quotidiana che la dicono ancora piu’ lunga sullo stato della societa’ iraniana, nell’anno ventottesimo dell’era degli ayatollah. Giovedi scorso, nella sua casa di Teheran, e’ stato arrestato Abbas Hakimzadeh, dirigente dell’associazione islamica degli studenti universitari e leader del movimento studentesco per la democrazia. La sigla, forte della partecipazione di centinaia di studenti e studentesse, che nel dicembre dell’anno scorso all’universita’ della capitale iraniana aveva contestato apertamente il presidente Mamhoud Ahmadinejead, li’ convenuto per l’inaugurazione dell’anno accademico di una facolta’ scientifica. Abbas e’ stato prelevato dalla polizia politica mentre stava per recarsi in facolta’, e da allora la sua famiglia non ha piu’ notizie. Negli stessi giorni, una studentessa di giornalismo dell’universita’ di Quebec, Mehrnoushe Solouki, nazionalita’ franco-iraniana, e’ stata posta agli arresti domiciliari dopo essere stata detenuta per un mese intero nella prigione di Evin, in isolamento, senza materasso, e con la luce della cella sempre accesa. Nella Condorelli Articolo21
martedì, luglio 10, 2007
La verità su Zahra
Quattro anni dopo l'omicidio della fotoreporter irano-canadese Zahra Kazemi, la Corte suprema di Teheran dovrà prossimamente pronunciarsi sulla possibilità dell'apertura di un nuovo processo, dovuta alle gravi irregolarità che hanno intaccato il verdetto della Corte di appello che aveva condannato a una pena lieve un agente dei servizi ritenuto unico colpevole della morte della giornalista. Zahra Kazemi, 54 anni, era stata arrestata il 23 giugno 2003 mentre stava fotografando delle famiglie di detenuti davanti alla prigione di Evin, a nord della capitale. La fotoreporter era deceduta il 10 luglio in seguito a una emorragia celebrale dovuta alle percosse subite nella detenzione. Le autorità penitenziarie avevano in un primo tempo affermato che la morte della giornalista era stata causata da una caduta accidentale. In seguito avevano ammesso che era stata picchiata. Il corpo della Kazemi era stato seppellito frettolosamente in Iran e a nulla erano valse le proteste dei familiari in Canada per riavere il corpo della congiunta.
lunedì, maggio 21, 2007
Bicicletta al femminile
L'Iran fabbricherà delle biciclette islamiche per le donne, concepite per dissimulare il più possibile le forme. Lo riferisce il quotidiano governativo Iran. "La bicicletta comprende una cabina che coprirà metà del corpo della ciclista", precisa il quotidiano che cita anche uno dei responsabili del progetto, Elaneh Sofali, secondo il quale "questo permetterà di incoraggiare lo sport femminile. A metà degli anni '90 Faezeh Hashemi, presidente della Federazione sportiva femminile e figlia dell'ex presidente pragmatico Akbar Hashemi Rafsanjani, fece una dura lotta perché fosse garantito alle ragazze il diritto di andare in bicicletta. Alcuni gruppi di integralisti arrivarono ad aggredire fisicamente giovani donne su due ruote in un parco di Teheran, e la stessa Faezeh fu insultata apertamente. Oggi l'uso della bicicletta è consentito alle ragazze, che però se ne servono praticamente solo in qualche parco con piste ciclabili, come del resto gli uomini.
venerdì, marzo 02, 2007
Un'isola per sole donne
AREZOU (Iran) - Sarà il primo luogo dove probabilmente le donne iraniane, che vivono sotto il duro regime fondamentalista degli ayatollah, si sentiranno libere, nel quale potranno evitare di indossare il velo e fare il bagno in costume. E' l'isola d’Arezou che secondo quanto scrivono i media iraniani diverrà la prima isola riservata a sole donne. L'isola d'Arezou, che letteralmente significa "desiderio", si trova al confine con la Turchia e sarà dedicata esclusivamente ai bisogni delle donne: nessun uomo potrà mettere piede in questo luogo e tutti i trasporti e le installazioni avranno personale unicamente femminile. In Iran già esistono luoghi turistici e spiagge nelle quali è proibito l'ingresso agli uomini, ma mai un'intera isola era stata riservata alle sole donne. La decisione delle autorità locali è stata accolta positivamente anche dal grande capo religioso iraniano, l'ayatollah Ali Khamenei che ha sottolineato che questa scelta non è contraria alle leggi della sharia. Entusiasti della decisione anche gli amministratori locali, convinti che questa trasformazione farà crescere il turismo nell'isola. «L’isola di Arezou, una delle 102 sul lago di Oroumiyeh, sarà attrezzata solo per le donne» ha commentato al giornale locale Teheran Emrouz un amministratore dell'isola che si chiama Aghai. «Non ci sarà alcun uomo sull'isola è ciò farà crescere il turismo». Ma tra i commentatori internazionali c'è già chi storce il naso e si chiede se la nuova iniziativa sarà realmente un paradiso turistico per donne o presto si tramuterà in un nuovo esempio di segregazione sessuale. Questo dilemma non sembra interessare gli amministratori del posto: «La costruzione di alberghi, piccoli ristoranti e centro medici sotto la gestione delle donne sarà la caratteristica dell’isola e renderà ricco il paese» ha commentato il rappresentante municipale Aghai. Francesco Tortora Corriere.it
martedì, gennaio 23, 2007
Irruzione americana in Iraq
Teheran protesta per l’irruzione avvenuta all’alba dentro il consolato iraniano a Erbil, in Iraq.I soldati statunitensi hanno fatto irruzione alle prime luci di giovedì dentro l’edificio e hanno arrestato cinque impiegati. La notizia del raid è stata data dall’agenzia di stampa semi-ufficiale iraniana Fars, che citava fonti del proprio ministero degli Esteri. L’incursione americana è stata riportata per prima da una radio curda e confermata dalla tv irachena Al Iraqiya,. La tv iraniana, che citava il corrispondente a Baghdad, nel darne notizia ha aggiunto che l’ambasciata di Teheran a Baghdad ha già inviato una lettera ufficiale al ministero degli Esteri iracheno chiedendo la liberazione immediata dei cinque impiegati arrestati. Secondo il racconto fatto dalla tv satellitare curda Kurdsat che citava una fonte del Partito Democratico del Kurdistan Iracheno i soldati Usa sono entrati sparando in aria e hanno arrestato tutti i dipendenti del consolato iraniano che si trovavano nell’edificio. Secondo l’agenzia Irna oltre agli arresti gli americani avrebbero anche sequestrato materiale dagli uffici, tra cui i computer.
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