giovedì, agosto 23, 2007
Fustigazione pubblica
Un ragazzo di 25 anni è stato frustato a sangue dalla polizia per le strade di Qazvin, 144 chilometri a ovest di Teheran. Accusato di abuso di alcool e di aver fatto sesso fuori dal matrimonio, contravvenendo così alle severe leggi morali iraniane, il venticinquenne Saeed Ghanbari è stato condannato a 80 pubbliche frustate da una tribunale religioso e la sentenza è stata eseguita da due ufficiali col passamontagna davanti a oltre mille persone.
mercoledì, agosto 22, 2007
Appello per Pegah
Pegah Emambakhsh è una donna lesbica iraniana che due anni fa è scappata dall’Iran per giungere in Gran Bretagna. Nonostante il suo caso sia evidentemente rapportabile alla violazione sistematica da parte del regime di Teheran dei diritti umani, non ha ottenuto l’asilo politico. Ora il governo britannico ha deciso di estradarla in Iran dove verrà presa in consegna dalla polizia per essere lapidata. Pegah, è attualmente detenuta a Yarlswood (Sheffield) e il Pubblico Ministero che si occupa del suo caso, rientrerà il 24 agosto dalle ferie. Le autorità del Regno Unito hanno deciso di compiere un atto di forza, in dispregio di ogni diritto umano e di anticipare la partenza di Pegah verso l'Iran. Il Governo britannico è in procinto di deportarla in Iran il 23 agosto 2007, con il volo diretto per Teheran della British Airline BA6633, che partirà alle 21.55 dall'aeroporto Heathrow. L’unica colpa di questa giovane donna è quella di essere lesbica dichiarata e di provenire da un paese dove governa un orribile regime integralista islamico che ogni giorno calpesta i diritti delle persone. Rivolgiamo un appello accorato ed urgente al Governo italiano, affinché faccia pressioni su quello del Regno Unito: se Pegah salirà su quell’aereo la sua esecuzione avverrà appena giunta in patria. Kkarl Inviate i vostri messaggi a questo indirizzo email relazioni.pubblico@esteri.it
martedì, agosto 07, 2007
Pena di morte
Le polemiche con il governo italiano sulla pena di morte non fermano il boia. Un'altra impiccagione è avvenuta in Iran sulla pubblica piazza, mentre ne sono previste a breve altre 12 nella sola città di Kerman, nel sud-est. Lo riferisce l'agenzia Irna. Un uomo, Nasser Mohammad Khani, condannato a morte per avere ucciso un agente di polizia due mesi fa, è salito sul patibolo davanti a una folla di spettatori a Gonbad Kavus, nel nord-est del Paese. Khani aveva accoltellato l'agente mentre questi era impegnato in una 'campagna contro l'immoralità' avviata qualche mese fa dalla polizia iraniana. Non si conoscono altri particolari sull'episodio. A Kerman, invece, il capo della polizia locale, Mohammad Reza Eshagi, parlando ai fedeli nella moschea principale della città, ha annunciato che 12 criminali arrestati nella stessa campagna saranno presto giustiziati. Non si sa se in pubblico o meno. Dall'inizio dell'anno sono state 149, secondo notizie di stampa e testimonianze, le esecuzioni capitali avvenute in Iran, di cui molte in pubblico. Solo il primo agosto erano stati impiccati dieci uomini, di cui sette sulla pubblica piazza a Mashhad, nell'est del Paese, che erano stati condannati per reati quali rapina, «banditismo, sequestro di persona, violenza carnale e atti contro la moralità». Altri 16 erano stati giustiziati in due impiccagioni collettive nel carcere di Evin a Teheran nella settimana tra il 15 e il 22 luglio. Corriere.it
domenica, agosto 05, 2007
Teheran respinge le accuse
«Ogni Paese indipendente combatte il crimine secondo le sue leggi interne, e ogni interferenza in questo campo è un'interferenza negli affari interni di un Paese». Lo ha detto oggi il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Mohammad Ali Hosseini, rispondendo ad una domanda dell'Ansa sulle «forti inquietudini» espresse giovedì dalla Farnesina per l'ondata di impiccagioni delle ultime settimane nella Repubblica islamica.Hosseini, interpellato durante la sua conferenza stampa settimanale, se l'è presa soprattutto con il modo usato dalla stampa occidentale per trattare le notizie sulle sentenze capitali in Iran. In particolare su quelle emesse nei confronti di due giornalisti curdi, Adnan Hassanpur e Abdolvahed 'Hiwà Butimar, il 16 luglio scorso dalla Corte rivoluzionaria di Marivan, nel nord-ovest del Paese. Per queste due condanne la Farnesina ha espresso «viva preoccupazione». «La copertura della vicenda da parte dei media occidentali - ha affermato Hosseini - si è basata su due opinioni: la prima che i due siano stati condannati in quanto giornalisti, la seconda, perché sono curdi».Ma ciò non è vero, ha aggiunto il portavoce iraniano, perchè «le sentenze emesse dalla magistratura iraniana riguardano la violazione della legge» e «non hanno nulla a che fare con l'appartenenza etnica, la professione o la carica» dei condannati. Secondo Hosseini la stampa occidentale persegue dei «fini politici», e comunque le inchieste e i processi in Iran rientrano esclusivamente «nel quadro della responsabilità della magistratura». Anche un avvocato dei due curdi condannati, Saleh Nikhbakht, ha detto nei giorni scorsi che la sentenza non riguarda la loro attività giornalistica, ma reati penali a loro contestati e che essi hanno confessato.
sabato, agosto 04, 2007
Il "rave" clandestino
La musica che ascoltavano era "satanica", gli abiti indossati dalle ragazze "osceni", i cd "immorali". Per questo, e anche per una certa quantità di alcolici, hashish e marijuana, decine di giovani iraniani sono stati arrestati dalla polizia durante un rave party organizzato a una trentina di chilometri da Teheran. Ora li aspetta, probabilmente, qualche giorno di carcere e il rilascio dietro pagamento di una contravvenzione e la firma di un impegno a cambiare comportamento o, nel peggiore dei casi, una condanna a qualche decina di frustate. Una festa-concerto clandestina organizzata via internet, quella alla quale gli arrestati stavano partecipando martedì sera, per assistere alle esibizioni di gruppi rock e rap locali, definiti "satanici" dalle forze di sicurezza. Gli agenti hanno fatto irruzione in un grande giardino privato nei pressi della città di Karaj, teatro dello "spettacolo proibito". Repubblica.it
Lettera da Teheran
Teheran. “E` bello quello che scrive sul nostro Paese.Anche a me piace molto andare in montagna lassù, c’è energia,.mi trovo bene lì. Ma sa una cosa? Questa estate hanno proibito di mettere un “mini mantu”, io personalmente sono d’accordo perchè la nostra società non era ancora pronta mentalmente per vedere questi immagini delle ragazze che portavano gli abiti così stretti con i quali non riuscivano neanche a camminare bene.e poi in una società islamica stava per aumentare la violenza e rubare delle ragazze e donne….e per questo i governatori hanno deciso di fare qualcosa, ma devo dire che questa volta, almeno questa volta hanno capito come devono reagire ….non lo fanno con la forza e solo ci sono le donne della polizia che con la dolcezza consigliano alle ragazze di cambiare il modo di vestirsi.Eh sì è cosi`…non so se Lei verrà di nuovo in Iran o no ,…..ma mi piacerebbe scrivergli qualche volta. E poi ha parlato di Shiri Ebadi …ma puo` dirmi Lei che ha fatto finora soprattutto con il premio che ha vinto per il nostro Paese? Naturalmente il SUO paese? NIENTE!” Nahal
venerdì, agosto 03, 2007
Mai contro il popolo
Abbiamo espresso soddisfazione per la presa di posizione della Farnesina , ribadita oggi dal viceministro Ugo Intini, che invita le autorità iraniane ad arrestare quel bagno di sangue indiscriminato che sta devastando l'antica Persia. Certo, è la soddisfazione di chi ( Information Safety and Freedom e Articolo21 ) ha lanciato una campagna umanitaria all'inizio rimasta nell'ombra, e la vede ora raccolta dal massimo livello istituzionale della politica estera italiana. C'è la speranza di poter salvare due vite umane, quella dei due giovani colleghi curdo-iraniani che rischiano la forca come "nemici di Allah" , per aver manifestato il proprio dissenso , aver rivendicato pari dignità per i cittadini della propria etnia e della propria cultura e di averlo fatto con l'arma più nobile : quella delle idee e della parola. Ma in quella nostra soddisfazione c'è anche dell'altro , che ha un significato tutto politico. L'ha spiegato bene Intini al Corriere e lo ribadiamo volentieri anche noi. In tutta questa ampia e convinta mobilitazione attorno a casi come quello di Akbar Ganji e oggi di Adnan e Hiwa , non c'è alcuna forma di ostilità nei confronti dell'Iran e del suo popolo. I nostri nemici, qui come sempre, sono l'intolleranza, l'autoritarismo, la logica che considera gli uomini in base a un'ideologia, una religione, un'appartenenza persino sessuale, invece che come tali: individui depositari di diritti intangibili a cominciare da quelli alla libera espressione e alla vita.
Su questo campo di attività,quello dei diritti umani, non esistono ne sé né ma, né parentesi, né eccezioni: ogni caso, ogni vita, ogni intelligenza sono sacri in quanto tali ed essenziali a sorreggere l'impianto generale dei diritti dell'uomo. Non c'è dubbio che questa vicenda della forca iraniana si lega alla campagna per la Moratoria Universale della Pena di Morte intrapresa dal nostro Governo con l'Unione Europea. E si lega alle celebrazioni del prossimo 60° della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo che il nostro Parlamento si appresta a varare. Questa scelta italiana ci riempie di orgoglio e ci sentiamo onorati di parteciparvi con questa nostra azione.Ma nella battaglia per strappare due giovani vite al boia c'è anche la volontà di affermare la ferma contrarietà all'ideologia dello scontro fra civiltà, alla logica del muro che dovrebbe dividere noi Occidentali, protetti, garantiti e qualificati da un sistema di diritti civili, e gli altri, Orientali, brutti,sporchi e cattivi, votati alla dittatura, all'integralismo, destinati dalla nascita alla violenza e alla barbarie. No, non ci stiamo. I diritti o sono di tutti e per tutti o non sono. Non a caso sono da sempre definiti universali.E allora dobbiamo fare una riflessione autocritica. Dallo scenario internazionale così come ci viene rappresentato sia dai media che dalla diplomazia sono assenti i cittadini, i dissidenti, i democratici che in quei Paesi si battono per la libertà e pagano questo coraggio spesso con la vita. Il teatro internazionale è diviso fra i nostri leader democratici e i loro dittatori. Le opposizioni democratiche e liberali, laiche e nonviolente, sono rimosse e quindi abbandonate a se stesse, alle vendette sanguinarie dei dittatori. Ma in Iran, così come in Libano, in Palestina, nella Federazione Russa, in Cina esistono uomini coraggiosi che vogliono solo essere liberi.Dare a loro una sponda, una visibilità, una possibilità di espressione , vuol dire sostenere un'alternativa democratica nei loro Paesi. Vuol dire offrire anche a noi un Oriente che può essere interlocutore credibile , con cui condividere prospettive future di dialogo , democrazia e pace.
C'è un sogno antico che ritorna sulle ali di questa battaglia umanitaria di oggi rivolta all'Iran e dedicata alla vita di Adnan e Hiwa . E' il sogno che nel mondo si affermi la politica degli uomini : uguali, liberi e fratelli ,a Oriente come a Occidente . Tutti con gli stessi diritti , divisi solo da storie e idee diverse che si confrontano nel dialogo.Salvare Adnan e Hiwa significa affermare che non esiste un'area ristretta e privilegiata del diritto in un mondo che ne è largamente privo. Significa combattere la logica del muro e cioè l'idea che il Bene e il Male si dividano per latitudine e non per le scelte di campo degli individui. Ci auguriamo che l'iniziativa intrapresa dalla Farnesina vada avanti con determinazione anche per questo significato politico che noi le attribuiamo. E' la speranza dei tanti iraniani che ascoltano alla radio le notizie su questa mobilitazione italiana e internazionale che cresce. Una speranza che già mette in pericolo le loro vite. Giuseppe Giulietti e Stefano Marcelli
Su questo campo di attività,quello dei diritti umani, non esistono ne sé né ma, né parentesi, né eccezioni: ogni caso, ogni vita, ogni intelligenza sono sacri in quanto tali ed essenziali a sorreggere l'impianto generale dei diritti dell'uomo. Non c'è dubbio che questa vicenda della forca iraniana si lega alla campagna per la Moratoria Universale della Pena di Morte intrapresa dal nostro Governo con l'Unione Europea. E si lega alle celebrazioni del prossimo 60° della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo che il nostro Parlamento si appresta a varare. Questa scelta italiana ci riempie di orgoglio e ci sentiamo onorati di parteciparvi con questa nostra azione.Ma nella battaglia per strappare due giovani vite al boia c'è anche la volontà di affermare la ferma contrarietà all'ideologia dello scontro fra civiltà, alla logica del muro che dovrebbe dividere noi Occidentali, protetti, garantiti e qualificati da un sistema di diritti civili, e gli altri, Orientali, brutti,sporchi e cattivi, votati alla dittatura, all'integralismo, destinati dalla nascita alla violenza e alla barbarie. No, non ci stiamo. I diritti o sono di tutti e per tutti o non sono. Non a caso sono da sempre definiti universali.E allora dobbiamo fare una riflessione autocritica. Dallo scenario internazionale così come ci viene rappresentato sia dai media che dalla diplomazia sono assenti i cittadini, i dissidenti, i democratici che in quei Paesi si battono per la libertà e pagano questo coraggio spesso con la vita. Il teatro internazionale è diviso fra i nostri leader democratici e i loro dittatori. Le opposizioni democratiche e liberali, laiche e nonviolente, sono rimosse e quindi abbandonate a se stesse, alle vendette sanguinarie dei dittatori. Ma in Iran, così come in Libano, in Palestina, nella Federazione Russa, in Cina esistono uomini coraggiosi che vogliono solo essere liberi.Dare a loro una sponda, una visibilità, una possibilità di espressione , vuol dire sostenere un'alternativa democratica nei loro Paesi. Vuol dire offrire anche a noi un Oriente che può essere interlocutore credibile , con cui condividere prospettive future di dialogo , democrazia e pace.
C'è un sogno antico che ritorna sulle ali di questa battaglia umanitaria di oggi rivolta all'Iran e dedicata alla vita di Adnan e Hiwa . E' il sogno che nel mondo si affermi la politica degli uomini : uguali, liberi e fratelli ,a Oriente come a Occidente . Tutti con gli stessi diritti , divisi solo da storie e idee diverse che si confrontano nel dialogo.Salvare Adnan e Hiwa significa affermare che non esiste un'area ristretta e privilegiata del diritto in un mondo che ne è largamente privo. Significa combattere la logica del muro e cioè l'idea che il Bene e il Male si dividano per latitudine e non per le scelte di campo degli individui. Ci auguriamo che l'iniziativa intrapresa dalla Farnesina vada avanti con determinazione anche per questo significato politico che noi le attribuiamo. E' la speranza dei tanti iraniani che ascoltano alla radio le notizie su questa mobilitazione italiana e internazionale che cresce. Una speranza che già mette in pericolo le loro vite. Giuseppe Giulietti e Stefano Marcelli
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